Uniforme scolastica: Sì o No

Sara Esposito/ Novembre 4, 2021/ TWJournal/ 0 comments

Articolo opinabile in ogni sua parte e che ha lo scopo semplicemente di aprire un dibattito su un argomento già molto dibattuto è quello che proponiamo oggi: “Uniforme scolastica Sì o No?”

L’uniforme scolastica è contornata da pro e contro racchiusi da un lato sotto l’impossibilità di esprimere se stessi (i no) e l’ordine e l’uguaglianza (i si).

Piuttosto che soffermarci su questi due punti cerchiamo di fare un’analisi alternativa: prendiamo qualche serie tv sull’argomento e partiamo da lì.

Uno degli ultimi drama in cui ci siamo imbattuti è The Underclass, la storia è incentrata su un istituto scolastico dove le classi sono organizzate in base ai risultati ai test degli studenti; creando in questo modo la classe A delle eccellenze, fino alla F di coloro che hanno voti peggiori, per ogni anno di scuola.

Oltre a questo modus operandi scolastico di studenti modello e dei “peggiori” dell’istituto, in questo caso le ragazze della scuola – tutta al femminile – hanno (ovviamente) l’obbligo dell’uniforme scolastica.

In queste scuole, come si vede anche in drama coreani o comunque asiatici, l’uniforme mira a eliminare le differenze di classe. Questa decisione è anche commisurata sul fatto che la maggior parte degli istituti che promettono un futuro migliore sono privati, e costosi, e a volte consentono borse di studio a chi non ha le stesse possibilità economiche, generando inevitabilmente convivenza di persone con diverse possibilità economiche. È vero che però questi studenti non hanno alcuna possibilità di esprimere la propria identità considerando il tempo che passano negli istituti e, quindi, l’obbligo di uniforme quasi per tutta la giornata.

Guardiamo anche un altro prodotto noto al pubblico dove vediamo l’uniforme: ÉliteFamosissimo prodotto Netflix che ha spopolato tra i giovani, non solo affronta diverse tematiche giovanili, ma anche il discorso legato all’Hijab che indossa una studentessa vincitrice di una borsa di studio.Come si vede dalle prime puntate qui c’è alla base un discorso complesso, poiché da un lato così come non si possono esprimere preferenze di vestiario, colore dei capelli, o passioni non si potrebbero esprimere nemmeno preferenze per la propria fede. Le donne che hanno scelto di indossarlo, però, non hanno possibilità di selezionare gli ambienti dove metterlo oppure no. Per tale motivo la rigidità di tali regole non sempre è semplice, si tratta di un argomento molto ampio e delicato e sul quale non esprimiamo nessun parere, ma ci limitiamo a mettere davanti ai lettori questi due punti di vista.

Proseguendo il discorso sull’uniforme vero è che in Italia, soprattutto nell’ultimo periodo si sono affrontate spesso discussioni e dibattiti sulla libertà di come vestirsi a scuola. Un anno fa, infatti, in alcuni istituti partì una protesta a causa di quella famosa frase: “No alle minigonne perché ai prof. cade l’occhio”. Su questa affermazione diversi commenti e articoli sono stati scritti.

Proviamo a esprimere un personale parere in questo caso, su due questioni diverse: la prima è legata sempre all’uniforme. Il “no” alle minigonne non è qualcosa che deve essere necessariamente sbagliato, ci sono molti ambienti pubblici e privati dove un dress code è strettamente necessario se si vuole accedere in struttura. Inoltre, creiamo un caso diverso: una serata in discoteca per un evento richiede di indossare un colore specifico o essere necessariamente mascherati, in quel caso c’è comunque una limitazione della propria libertà, ma in quel caso va bene?!

Inoltre, la scuola è un ambiente educativo, e per quanto oggi sia giusto che i ragazzi trovino altri modi per esprimere se stessi, le proprie idee, è sempre necessario che sia insegnato loro il rispetto per le istituzioni. Non crediamo che nel momento in cui inizino a lavorare (per esempio) in ufficio, si presentino con i bermuda anche se potrebbero essere licenziati. La scuola è la scuola, fuori sono liberi di esprimere qualsiasi cosa desiderino manifestare. Ovviamente – punto che ci lega a un altro aspetto sbagliato di tutto il discorso – la frase pronunciata da una vicepreside è sfociata nel torto nel momento in cui le si viene allegato “perché ai prof. cade l’occhio”. Su questo molte donne e uomini si stanno battendo affinché nessuno, indipendentemente dal suo sesso o genere, debba avere paura di scegliere dei vestiti da indossare; questa espressione annienta moltissimi passi fatti verso il progresso. Inoltre, non dimentichiamoci che questa è un’offesa anche a tutti quei docenti che non hanno mai smesso di fare la loro professione con integrità e impegno. Non si può fare di tutta l’erba un fascio, anche se ci sono più fili cattivi che buoni. È un’immagine che diamo dei docenti orribile agli occhi di genitori e alunni.

Naturalmente è necessario specificare che ciò non ha alcun legame con le denunce per situazioni spiacevoli che possono verificarsi in ambienti scolastici: bisogna sempre chiedere aiuto, denunciare e raccontare i propri disagi anche se a volte può essere difficile.

Altro punto interessante lo vediamo invece nell’ultima stagione di Sexeducation ATTENZIONE POSSIBILE SPOILER!!! In questa parte della storia, nell’istituto frequentato dai ragazzi vengono effettuati una serie di cambiamenti, tra i quali l’obbligo della divisa.

Sul discorso legato alla diversità di genere e al diritto dell’uomo di manifestare la propria identità, qui sorge un problema: alcune studentesse fanno richiesta della divisa maschile o di taglie molto larghe rispetto alle loro misure. La scuola si oppone facendo appello all’idea che la divisa non sia rappresentativa di genere ma di sesso. In antropologia sappiamo che esistono soltanto due sessi femminile e maschile, mentre il genere, determinato dalla società in cui viene analizzato, è diverso e ce ne sono di diversi.

In questo caso dovrebbe essere analizzato caso per caso, favorire lo studente, cercare di non fare differenze?

Se spaccassimo il mondo a metà, luoghi più chiusi sulla libertà di espressione, come l’oriente (dove molte cose sono vissute in modo assolutamente lontano dagli occidentali) la scelta sarebbe quella di ragionare con “se vuoi entrare qui ti vesti secondo queste regole, non sono previste eccezioni”. Se cerchiamo invece di essere più elastici e affabili allora dovrebbero essere fatte delle scelte. A quel punto fin dove si alzerebbe l’asticella prima di raggiungere la libertà totale (che attualmente abbiamo in Italia, ad esempio, dove non ci sono uniformi ma delle “regole” sui pantaloni o le t-shirt)?

Cosa ne pensate?

SERIE TV CITATE NELL’ARTICOLO

Episodium - The Underclass - Date degli episodi e informazioni

Titolo: The Underclass

Anno: 2020

Tipologia: serie TV tailandese

Genere: teen, drammatico, romantico 

Episodi: stagione 1, Episodi 13

Piattaforma Italiana e distribuzione: Netflix

ÉLITE: il teen serial spagnolo targato Netflix - Monlaw (serie tv)

Titolo: Élite

Anno: 2018 – in corso

Tipologia: serie TV spagnola

Genere: teen, drammatico, romantico 

Episodi: stagioni 4, Episodi 32 + 12 speciali per un totale di 44 episodi ad oggi

Piattaforma Italiana e distribuzione: Zeta Producciones, Netflix

Amazon.it: Sex education: 6x9 special journal for writing down notes. - publishing, world wide - Libri

titolo: Sex education

Anno: 2019 – in corso 

Tipologia: serie TV americana

Genere: commedia, teen, drammatico, romantico

Episodi: stagioni 3, ad oggi 24 episodi complessivi

Piattaforma italiana e di distribuzione: Netflix

THE UNDERCLASS

La serie tailandese segue la tendenza di prodotti coevi, a livello internazionale, focalizzati sulla vita scolastica degli adolescenti (Elite in primis).

La serie

Dopo essere stato abbandonato da un programma d’élite, uno studente rimane impigliato negli affari di una banda di liceo mentre cerca di trovare la propria identità. Diretta da Pass Patthanakumjon, la serie si concentra – come le sue consorelle – su temi quali la diversità, l’uguaglianza” e la giustizia sociale, mostrando uno spaccato, questa volta orientale, delle difficoltà e delle problematiche più sentite dalle giovani generazioni.

 

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