Gifted. Il dono del talento – Film

Sara Esposito/ Giugno 19, 2020/ Movies/ 0 comments

Gifted, portato in italiano con il titolo “Il dono del talento” è un film diretto da Marc Webb del 2017. 

La pellicola tratta della fase più delicata della vita di Mary Adler, quando all’età di 7 anni prende consapevolezza di quanto lei sia effettivamente “diversa” dai suoi coetanei. Frank Adler ha cresciuto la bambina fino a quando prende una decione difficile: Mary doveva fare esperienza e iniziare a vivere insieme ai suoi coetanei, dopo che per circa  6 anni era rimasta nella loro casa in Florida, lontana dal mondo. Scoperto cosa si dovrebbe fare alla sua età, Mary Adler si rende conto che i bambini come lei sono “noiosi”, ancora cercano di capire quanto fa 1+1, mentre lei riesce a calcolare in mente una radice quadrata a 4 cifre e legge saggistiche sulle equazioni matematiche. Ma c’è anche altro che Mary deve imparare: il valore dell’amicizia. l’umiltà e la compassione, come Frank le ha spiegato, sin dal primo giorno a scuola. 

Una storia commovente e che non può non suscitare la lacrima dello spettatore, infatti, la trama si appoggia a temi molto delicati, oltre che alle difficoltà che chiunque avrebbe nel decidere per un piccolo genio. Insomma, senza fare spoiler è difficile dare un opinione, tuttavia ci sono due punti a sfavore. Partiamo dal titolo: Gifted. La maestra della piccola Mary spiega a Frank che la bambina è una “gifted” ovvero è dotata, è diversa dagli altri bambini. Ma era davvero necessario aggiungere nella traduzione italiana “il dono del talento”? Sembrerebbe che sia un approccio leggermente stucchevole associare a “dotato” o “regalato” un sottotitolo simile. 

Guardato il trailer, si capisce benissimo cosa si voglia intendere per gifted, e se attiviamo l’occhio critico potremmo notare anche un collegamento interno alla stessa trama: gifted che in inglese significa, appunto, anche “regalato” potrebbe avere anche un altro significato. In fondo non è un caso che la bambina abbia una passione per la matematica, Mary ha ereditato un gene particolare dalla sua famiglia. Allora perché tradurre il contesto con un titolo così generico?

In generale, cari lettori, niente da obiettare sulla trama del film e l’innegabile bravura di Mckenna Grace nell’interpretazione di Mary Adler, se non un piccolo particolare: la lentezza. Quando ho scelto di vedere questo film, mi aspettavo di vedere una bambina prodigio alle prese con la vita di tutti i giorni, e con le difficoltà che essere “gifted” comportano. Invece, per gran lunga il film è incentrato sul difficile rapporto tra Frank e sua madre Evelyn Adler, focalizzando l’attenzione su un drammatico caso di affidamento che sin dal principio sembrava un grosso errore di giudizio.

Ciononostante, io mi sento di consigliarlo ugualmente, nonostante certe tematiche lasciate un po’ in disparte nella pellicola c’è tutto: gioia, dolore, amore, tristezza, sofferenza, forza e capacità di fare una delle scelte più difficili che spesso si presenta nella vita di tutti: proteggere il proprio spazio o fare quel grande salto nel vuoto, quello che o ti fa davvero male, o ti fa viaggiare oltre quello che avevi mai immaginato di poter fare.  

Gli attori.
  1. Mckenna Grace è un’attrice perfetta nel ruolo della piccola Mary, assolutamente. Anche Octavia Spencer nei panni dell’amica “Roberta”, divina, anche se un po’ stereotipata (all’americana s’intende)
  2. Guardare storie di piccoli geni, ci fa sempre sperare in un futuro migliore. I bambini prodigio (si spera) possano salvare la terra dalla catastrofe, e magari recuperare ciò che non è stato ancora distrutto
  3. Come si può guardare il trailer e non desiderare di vedere l’intera scena dell'”errore” nella traccia del professore universitario?!

Nonostante questo non sia stato un grande film è comunque molto interessante, è – insomma – un film che fa riflettere. Oggi,Disney, Marvell e chi ne ha ne aggiunga, ci hanno insegnato che gli eroi hanno dei poteri e che questi servono per salvare l’umanità. 

Ma se c’è una cosa davvero intelligente detta dal personaggio di Evelyn Adler è che a volte menti geniali, che pochi conoscono, migliorano la nostra vita, senza che gli altri se ne accorgano. Essere un eroe non vuol dire avere il “potere” di rendere il  mondo migliore, ma a volte significa mettere le proprie capacità a servizio di qualcosa di più grande, e mentre tutti sono a giocare, Diane Adler (madre di Mary) dà la sua vita alla matematica, cercando di risolvere uno dei grandi “quesiti del nostro millennio”. 

Chiediamoci, però, una cosa importante: è davvero tutto nero o bianco? Per essere “noti”, “geniali” dobbiamo davvero autodistruggerci? Sul serio non esiste una via di mezzo tra la famiglia, gli amici e brillanti idee? Magari l’ottavo di quei grossi enigmi è proprio questo. Diane, che nel film compare solo in fotografia, è l’esempio di una realtà che sembra molto più attuabile di quanto si possa immaginare. Per quanto riguarda invece Evelyn Adler (Lindsay Duncan) signora dagli occhi di ghiaccio e dal cuore di pietra. Che dire?! Non sono poche le madri come lei, quelle che amano il controllo, che hanno un piano delineato per i propri figli. Ma come il rapporto tra Diane e Evelyn è complicato nel film, ci sono molti casi simili anche nella nostra realtà. Quale madre non vorrebbe il meglio per i propri figli? Tuttavia, Evelyn è quello che potremmo considerare un caso di “eccesso di zelo” che però ha stabilito la tragica fine di Diane e che ha dato inizio alla storia del film. 

Senza dubbio l’ambiente del tribunale e l’affidamento danno un tocco di drammaticità alla storia, ma a volte gli americani esagerano, davvero. Una storia simile era già complessa e difficile senza l’effetto dello “sradicamento” e la perdita di fiducia di Mary nei confronti di Frank che non ha mantenuto la sua promessa di stare con lei per sempre. 

Quindi, cos’altro dire? La storia di Mary Adler meritava di essere conosciuta, anche se forse un po’ meno drammaticità e uno sguardo in più sul futuro della piccola gifted avrebbe fatto sicuramente un effetto diverso.

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